Viktoriia Roshchyna: la giornalista ucraina torturata e uccisa in un carcere russo

Viktoriia Roshchyna, 27 anni, era una giornalista coraggiosa, nota per il suo lavoro con testate come Ukrainska Pravda e Hromadske, e per il suo impegno nel documentare gli orrori della guerra in Ucraina. Originaria di Zaporižžja, iniziò la sua carriera da adolescente, trattando temi legati alla giustizia e alla criminalità. Nell’estate del 2023 riuscì ad oltrepassare la linea del fronte per raccontare le violenze subite dai prigionieri ucraini detenuti nelle carceri russe. Il 3 Agosto informò la famiglia di essere riuscita a superare i controlli di frontiera e fu l’ultima volta che diede sue notizie.

La sua scomparsa fu denunciata il 12 agosto e solo il 4 ottobre la famiglia ne parlò pubblicamente. Nell’Aprile del 2024 le autorità russe ammettono ufficialmente di averla arrestata e a Settembre dello stesso anno è stata comunicata la sua morte in carcere, in circostanze mai chiarite. Le circostanze della sua morte sono ancora oggi oggetto di un’inchiesta per crimini di guerra da parte delle autorità ucraine.

La detenzione e le torture
Un’inchiesta del consorzio giornalistico Forbidden Stories ha rivelato che Viktoriia fu arrestata nella città occupata di Enerhodar, nell’oblast’ di Zaporizhzhia, e trasferita nel carcere SIZO-2 di Taganrog, una delle prigioni russe tristemente note per la detenzione arbitraria e l’uso sistematico della tortura. Fonti investigative ucraine e internazionali hanno confermato che la giornalista fu sottoposta a sevizie fisiche e psicologiche: elettrocuzioni, percosse, privazione del cibo. Un testimone ha riferito di aver visto sul suo corpo ferite da arma da taglio e segni compatibili con scosse elettriche applicate alle orecchie.

La restituzione del corpo
Il 14 febbraio 2025, durante uno scambio di prigionieri il corpo di Viktoriia è stato restituito all’Ucraina. Il cadavere, gravemente deteriorato e inizialmente registrato come “maschio non identificato” con il numero 757, era irriconoscibile. Solo l’esame del DNA ne ha permesso l’identificazione. L’autopsia ha rilevato evidenti segni di tortura: abrasioni, emorragie interne, una costola rotta, lesioni da elettrocuzione e segni di strangolamento, compatibili con un’ipotesi di omicidio volontario. Secondo fonti investigative citate da Forbidden Stories, la rimozione degli organi, in particolare occhi, laringe e porzioni del cervello sarebbe stata deliberata, con l’obiettivo di eliminare le tracce delle torture inflitte. La notizia ha suscitato ovviamente profonda indignazione in Ucraina e nella comunità internazionale.
Reazioni internazionali
La notizia della sua morte ha suscitato sdegno in Ucraina e all’estero. Il portavoce del Ministero degli Esteri ucraino, Georgiy Tykhy, ha chiesto un intervento deciso da parte delle Nazioni Unite e dei Paesi occidentali, dichiarando: “La questione degli ostaggi civili rapiti e detenuti dalla Russia merita attenzione internazionale e azioni concrete”. Numerose organizzazioni per i diritti umani, tra cui Reporters Without Borders e International Women’s Media Foundation, hanno condannato con forza quanto accaduto, definendolo una grave violazione della libertà di stampa e dei diritti umani fondamentali.

Il valore della verità
La tragica morte di Viktoriia Roshchyna è un simbolo del prezzo altissimo che molti giornalisti pagano per raccontare la verità in tempo di guerra. Viktoriia lascia un’eredità di coraggio e integrità che non può e non deve essere dimenticata. La sua vita è stata sacrificata per raccontare la verità, il suo impegno e la sua dedizione al giornalismo indipendente continuano ad ispirare colleghi e attivisti in tutto il mondo. La sua storia evidenzia l’importanza di difendere la libertà di stampa, d’informazione, la dignità e i diritti umani.

Aurora Capozzo 5V

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