
Cambia la forma, ma non la sostanza. Nelle elezioni presidenziali romene del 4 Maggio si ripete una scena già vista. A vincere col 40.96% dei voti è il candidato di estrema destra George Simion, leader dell’Alleanza per l’Unione dei Rumeni (AUR). In seconda posizione, col 20.99% dei voti, il candidato indipendente Nicușor Dan, seguito da altri due indipendenti: Crin Antonescu, sostenuto dalla coalizione di governo, col 20.07% dei voti, e Victor Ponta, col 13.04% dei voti. Elena Lasconi, leader dell’Unione Salvate la Romania (USR), partito europeista e atlantista di centro-destra, è quinta con il 2.68% dei voti, Tutti gli altri hanno preso meno dell’1%. Il presidente, però, non è ancora stato eletto. Per avere un nome bisognerà attendere l’esito del ballottaggio tra i primi due classificati Simion e Dan, che si terrà il 18 Maggio. In caso di vittoria, Simion, a cui è stato proibito di entrare in Ucraina (per “sistematiche attività anti-ucraine”) e in Moldavia (a causa del suo sogno a lungo termine di unificare Moldavia e Romania e di altri motivi è stato accusato di aver partecipato a sforzi per destabilizzare il paese), promette una linea più dura sugli aiuti all’Ucraina, sostegno a Israele in Medio Oriente, una stretta collaborazione col presidente americano Donald Trump e di difendere i “valori tradizionali” di fede cristiana ortodossa, famiglia e nazione.
Le dimissioni
A seguito del risultato delle elezioni, il primo ministro Marciel Ciolacu, leader del Partito Social Democratico (PSD) dal 23 Dicembre scorso alla guida di un governo di coalizione tra il suo partito, il Partito Nazionale Liberale (PNL) e l’Unione Democratica dei Magiari in Romania (UDMR), ha presentato le sue dimissioni, e annunciato il ritiro del suo partito dalla coalizione di governo. In attesa di un nuovo gabinetto, Cătălin Predoiu, leader del PNL, è diventato primo ministro ad interim. La coalizione era stata formata dopo le elezioni parlamentari del 1 Dicembre scorso, vinte con maggioranza relativa dal PSD ma dove l’estrema destra ha guadagnato molti voti (l’AUR di Simion è arrivato secondo), per offrire un governo europeista e atlantista alla Romania, governo che il 28 Febbraio di quest’anno è sopravvissuto a una mozione di sfiducia presentata da alcuni partiti di estrema destra, tra cui l’AUR. Le dimissioni di Ciolacu seguono quelle del presidente Klaus Iohannis, presentate il 10 Febbraio e divenute effettive il 12 dello stesso mese, dove il presidente del Senato e leader del PNL Ilie Bolojan è divenuto presidente ad interim, ed è stato sostituito, sempre ad interim, in senato da Mircea Abrudean e in partito dallo stesso Predoiu.
Le elezioni annullate e le accuse di colpo di stato
Le elezioni si sono svolte in un clima politico molto teso. La Romania, infatti, ha già tenuto delle elezioni presidenziali il 24 Novembre dello scorso anno, vinte col 22.94% da Călin Georgescu, candidato indipendente di estrema destra che ha pubblicamente elogiato il dittatore filonazista Ion Antonescu (1940-1944) e il fondatore della Guardia di Ferro (gruppo militante antisemita e fascista degli anni 30’) Corneliu Zelea Codreanu, e che non crede nello sbarco sulla Luna e nel cambiamento climatico, ma in compenso crede nella presenza di nanochip in alcune bibite e qualche mese fa ha suggerito di annettere territori ucraini. Il ballottaggio tra lui e la seconda classificata Lasconi si sarebbe dovuto tenere il’8 Dicembre scorso, ma due giorni prima la Corte Costituzionale ha annullato il risultato delle elezioni a causa di irregolarità e possibili interferenze russe a favore di Georgescu. La decisione della Corte ha diviso profondamente il paese, con Georgescu e altre figure e partiti di estrema destra, nonché la stessa Lasconi, che hanno accusato la Corte di aver compiuto un colpo di stato e di aver agito in modo antidemocratico, mentre altri partiti e figure hanno sostenuto la decisione. Nei mesi tra l’annullamento e le nuove elezioni la Romania è stata travolta dalle proteste, ma la questione è andata avanti. Il 26 Febbraio sono state avviate indagini su Georgescu, e il 9 Marzo gli è stato impedito di partecipare alle nuove elezioni, divieto che il 15 dello stesso mese ha colpito anche la candidata di estrema destra Diana Șoșoacă. Simion, difensore di Georgescu fin dall’annullamento, ma più moderato, si è allora fatto portavoce dell’estrema destra, ed è passato dal quarto posto delle elezioni annullate al primo di quelle da poco svoltesi.
Le reazioni internazionali
Non solo la politica interna, ma anche quella internazionale si è trovata divisa sulla questione. Georgescu ha chiesto l’intervento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che però il 6 Marzo ha respinto il suo appello. Alcuni politici europei hanno chiesto e ottenuto che le istituzioni UE competenti indagassero TikTok per aver favorito Georgescu (il social cinese è stato il suo mezzo principale di propaganda elettorale), accuse che l’azienda dietro l’app ha rifiutato. J.D. Vance, vice presidente degli Stati Uniti, al contrario, ha sfruttato la Conferenza di Sicurezza di Monaco di Febbraio per criticare la decisione della Corte Costituzionale, mentre l’ex primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, appartenente al partito di estrema destra Legge e Giustizia, ha accompagnato Simion quando è andato a presentare la sua candidatura alle nuove elezioni. Dall’Italia, il leader della Lega e vice primo ministro Matteo Salvini si è congratulato con Simion per il risultato delle elezioni.
L’ascesa della destra radicale.
Gli eventi in Romania confermano un trend già visto in tutto l’Occidente. L’estrema destra sta crescendo sempre di più: da Trump e il suo movimento MAGA (Make America Great Again) negli USA all’Afd in Germania. Da Fratelli d’Italia, guidato da Giorgia Meloni, e Lega in patria al solito Fidesz, guidato da Viktor Orbán, in Ungheria. Ciò non sorprende. La storia insegna che in periodi come quello attuale, caratterizzati da crisi economiche, tensioni internazionali, instabilità politica, bassa fiducia nelle istituzioni e alta corruzione, reale o percepita che sia, i partiti e i politici più radicali e anti establishment tendono a prendere voti. Inoltre, i partiti di estrema sinistra hanno completamente perso la loro influenza a seguito della caduta del blocco orientale e la fine della Guerra Fredda, spianando ancora di più la strada ai partiti di estrema destra, che hanno saputo cogliere l’opportunità e, attraverso un’abile propaganda che è riuscita a colpire la pancia del popolo, facendo leva su paure, incertezze e rabbia latenti da tempo, sono riusciti a diventare i portavoce di tutti coloro che si sentono traditi dallo status quo, e che vedono in loro un baluardo di speranza in un futuro che si prospetta sempre più incerto. Se questa speranza sia ben riposta o no spetterà alla storia deciderlo, ma una cosa mi sento di dirla: cerchiamo di non commettere gli stessi errori del passato. Che il candidato sia di destra o di sinistra, pro o contro l’establishment, conservatore o progressista, evitiamo di cercare un messia. Nessuno risolverà mai i problemi al posto nostro, nessuno verrà mai a servirci la prosperità su un piatto d’argento. Siamo tutti umani. Ognuno di noi ha pregi e difetti , ma nessuno può fare tutto da solo. Siamo tutti esseri limitati, finiti. Quando una persona promette di creare il paradiso in Terra semplicemente vincendo un’elezione, ci sono due possibilità: o quella persona è bugiarda e in mala fide, o è un’illusa. Tertium non datur. Tutto ciò che abbiamo mai ottenuto nella storia ce lo siamo preso, lo abbiamo costruito, abbiamo lavorato duramente per esso. Tutti insieme! La democrazia non si esaurisce nel scegliere un candidato ogni tot. anni, ma implica partecipazione attiva. Che questa si manifesti nel partecipare a riunioni, nell’unirsi ad un partito o nel semplice atto di leggere un articolo di giornale e scriverne un commento sui social, non importa. Ciò che conta è che la nostra democrazia, per cui i nostri antenati hanno lottato con le unghie e con i denti, fino ad arrivare all’estremo sacrificio, è come una pianta. Loro hanno lavorato duramente per seminarla, ma sta a noi innaffiarla quotidianamente e proteggerla dai parassiti. Perciò non dobbiamo essere apolitici, ma partecipanti attivi al processo politico e in costante guardia da tutti coloro che sono in agguato per distruggere tutto ciò che abbiamo creato. Che essi si vestano da progressisti o conservatori, da destra o da sinistra, l’essenza è la stessa. E voglio chiudere facendo una domanda a tutti voi: Vogliamo davvero rendere vani la memoria e il sacrificio di tutti coloro che sul loro stesso sangue, sul loro stesso sudore, sulle loro stesse ossa e sulla loro stessa vita hanno posto le fondamenta del nostro benessere? Io non vi conosco, ma non penso proprio.

Francesco Barbato 4B