Israele e Gaza: un conflitto senza tregua 

A quasi sette mesi dall’inizio dell’offensiva militare israeliana sulla Striscia di Gaza, il conflitto ha superato ogni precedente per intensità, distruzione e conseguenze umanitarie. Secondo i dati dell’ONU e di organizzazioni non governative, oltre 34.000 persone hanno perso la vita, in gran parte civili, e più di 1,7 milioni di palestinesi sono stati sfollati.

Questa mattina, le forze armate israeliane hanno lanciato nuovi bombardamenti sull’area centrale della Striscia, colpendo edifici residenziali e campi di sfollati. I droni hanno sorvolato Rafah, zona sud di Gaza dove si concentrano migliaia di rifugiati. Il bilancio provvisorio parla di almeno 22 morti solo nella giornata odierna.

L’assedio totale e la “guerra del cibo” Oltre alle operazioni militari, Israele mantiene un blocco quasi totale all’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia. Secondo Medici Senza Frontiere, la fame sta diventando una vera e propria arma di guerra. “I bambini malnutriti sono ovunque, e gli ospedali non hanno più nemmeno latte in polvere”, denuncia un medico sul campo.

Il presidente israeliano ha ribadito la necessità di “smantellare completamente Hamas”, rifiutando qualsiasi proposta di cessate il fuoco senza la liberazione degli ostaggi. Donald Trump, tornato alla Casa Bianca, ha dichiarato che “probabilmente sono rimasti meno di 24 ostaggi vivi”, raffreddando le speranze di una soluzione diplomatica a breve termine.

Accuse internazionali e isolamento diplomatico Le Nazioni Unite e l’Unione Europea hanno più volte chiesto un immediato cessate il fuoco e l’apertura di corridoi umanitari, ma Tel Aviv mantiene una posizione intransigente. Il presidente francese Emmanuel Macron ha parlato di “crimini contro l’umanità”, mentre il Consiglio di Sicurezza dell’ONU rimane bloccato dai veti incrociati.

La Corte Penale Internazionale sta valutando l’apertura di un’inchiesta formale contro alti funzionari israeliani e leader di Hamas, per presunti crimini di guerra.

La vita sotto le bombe La popolazione civile è la vera vittima di questa guerra: scuole trasformate in rifugi, ospedali distrutti, acqua potabile razionata. Le testimonianze raccolte sul campo raccontano di famiglie intere sepolte sotto le macerie e bambini cresciuti senza conoscere un giorno di pace.

“La mia bambina ha tre anni e non ha mai visto un parco. Solo tende, fame e paura”, racconta Salma, rifugiata a Rafah.

E ora? La comunità internazionale è sempre più divisa. Alcuni paesi arabi minacciano ritorsioni diplomatiche, mentre Stati Uniti e Israele sembrano intenzionati a proseguire l’offensiva fino alla “totale neutralizzazione della minaccia”.

Ma gli esperti avvertono: più che alla fine del conflitto, potremmo essere solo all’inizio di una crisi regionale molto più ampia.

Alessandro Gradone 4C

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